Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


sabato 2 novembre 2013

Trilogia ‘Arbeit macht frei – il lavoro rende liberi’

Parte 1 – Ieri
( In viaggio)

Oltre la linea di confine

Nessun posto in cui rifugiarsi
Nessun posto in cui scappare
Nessun posto
Nessuno
Dove fermarsi e riposare.
Muri che crollano, secoli di
Raziocinio s’involvono
E nella testa si rinserrano.
I binari qui scorrono
Come dita nella neve
Io non so
Io non so se
Questi muri in sfacelo
Questo niente ove scappare
Daranno mai una risposta
All’incessante brulichio del Male.
Stelle livide penzolano
Dal fluttuare delle mie ciglia
Canuto il tempo, sparuto lo
Sguardo dell’uomo che
Col ginocchio nella mia pancia s’impiglia.
Il suo niente
È il mio tutto e
Mi preserva dal pensare che
Tutti i libri che ho vissuto
Tutte le anime che ho scrutato
Tutte le lingue che ho parlato
Tutto il pane che ho assaporato
Non mi hanno insegnato
A guardare oltre il buco
Della frontiera e scorgere,
un passo più in là,
la Speranza in una manna che stavolta
non colerà.
Son nella terra che non corre, che
Il Giudizio a un palo nudo ha appeso.
Affastellato su assiti
Spisciati, lordi d’uomo
Impetro al ragliare della bestia di metallo
Che stantuffa, nel frenare
Non mi sporgo
Non m’affaccio
Non ho più corpo, non ho più forza, non ho
( … )
Mani di bestia m’arraffano
Voci e urli di bestia mi percuotono
Non ho più forza, non ho più corpo, io sono
Il muro i libri le anime il pane la neve
(La neve)
Io sono
L’oblio
Io sono
(Di neve)
Nessun posto in cui scappare
Nessun luogo in cui andare
‘ARBEIT MACHT FREI ‘
Io sono qui
Ma voi
Voi
Non mi potete trovare.



Parte 2 – Ieri
(Dentro)

Paura del Buio?

Non avere
Paura del Buio
Non temere
Quel freddo che
Scatena orge di brividi
Tra le scapole, oppure
In fondo alle ginocchia, dove
Catene glabre di ossa
T’ancorano ancora all’ora che batte.
Al mio cranio, fratello, appoggia la tua fronte.
Genuflessi sull’urna massiccia
Dell’umido livore dell’alba
Il mio umore è appeso
Agli umori del tuo intestino, del tuo
Corpo  freddo
Che
Imbalsama l’aria già fetida addosso.
Respiri?
Le nocche ruvide dei tuoi palmi
Scarificano il mio ventre.
In questo plumbeo mattutino nitore
Il tuo essere uomo
Sono le cifre blu
Del tuo avambraccio.
A memoria so il tuo numero,
Il tuo nome è uno
Zero
Tra i peli e la pelle.
E stretti, ignoti a noi, in questo
Rettangolo ch’è letto, casa
per te ora anche
Sudario
Nell’alba cagna che infilza
Putrescenti sconfitte su
Baionette da altri lordate
Il camino già celebra
Profezie di Delirio.
Ti scosto, morto dentro io,
Liofilizzato da ore tu.
Ti assieperanno sulla montagna gelatinosa
Da altri come te composta.
Nuove e già note nocche
Gratteranno stasera la mia pelle.
Dovrò imparare un altro numero.



Parte 3 – Oggi
( Fuori)

Mille millenni a partire da me

Scandisco un tempo non mio
Uomo che nella pozzanghera si specchia
E mai Narciso più sgomento fu
Nel riconoscersi :
Eccomi,
Distinto e canuto,
d’un montone fuori moda rivestito.
Assesto guanti di lana su
Dita rachitiche che a fatica piego
Grato e disperato di
Far parte d’una tribù di vecchi
Arenati agli albori del Millennio.
Carnai di memorie ululano
Nell’oscurità che a Morfeo non soggiace
Ore spurie di riposo, dissanguate dal
Consueto inutile vegliare.
E voci e volti e versi e verbi
Volteggiano inverecondi, in me
Eternamente fecondi,
Mai morti nel vento che
Da Est
Pur li reca alle sponde
Del mio soffice strame;
E in un attimo …
Il treno, la neve, i camini, le assi,
il risonare cupo dei passi
il piscio, lo sterco, la fame il
Cartello
che dall’alto sbeffeggia
di qualche dio lontano
il terrestre gioiello profano.
Di fede e virtù ho fatto ciarpame
E l’innocenza ho tumulato per
Votarmi a un cinismo che
Del cuore difende il rottame.
Prude sulla pelle l’aberrante marchio ciano
Di ringhiante indifferenza scotta il gelo
Spettrali ore prone che non conto su una mano
Nella neve non m’accascio: sono acqua, foglia, cielo.
Mi riscuoto, allungo il passo,
Sospiro piano.
Settant’anni di futuro
Non hanno soffocato
Il rantolo tremendo
Dell’uncinato delirio,
del contumace peccato.
Il lavoro non rende liberi
Se
Alla terra allinea l’uomo
Se
Con fregi e caste
Traccia i confini
Se
Di corpi nudi e anime insultate
Il pegno vuole pagato
Il sacrificio vuole celebrato.
Il passo cederò
A chi potrà estirpare
Della gramigna fetida
Il fardello del male:
A te, bambina, che m’ascolti e
Non sorridi,
che dietro a unghie laccate
macerie d’infanzia e grigi d’adulta rechi.
Mangia pane bianco
Bevi poco vino.
La Storia e la Politica sono
Le puttane di bastardi che
Decapitano la Scelta di incunearsi
Senza catene e falsi dogmi
Al proprio ideale destino.
Historia magistra Vitae?
Arbeit Macht Frei?
< Buona notte, nonno,
il sonnifero è sul comodino.>
Dormiente, mi desterò
Ove i gomitoli del cielo
S’intrecciano in strade dorate;
Infinita Musica
Del  calvario reietto e demente
Ogni ricordo scardinerà.
Non più corpo, né più
Numero sarò.
Chiamerò :– Madre,-
Mi risponderà: – Libertà.-

Alba Gnazi
Febbraio 2010

1 commento:

  1. Leggere e parlare di questo argomento non e' mai abbastanza. Le atrocità commesse durante la Shoa, hanno lasciato, lasciano e lasceranno in noi segni indelebili; soprattutto scuotono persone come te, Alba, sensibili e capaci di immedesimarti in così cruenti e terribili momenti di cui tutti dovremmo farne tesoro.
    Spesso dimentichiamo il valore della vita, degli affetti, ci lasciamo trascinare da cose superflue, accantonando ciò che di più caro la stessa ci ha donato... l’Amore, amore per il prossimo.
    I tuoi struggenti versi serviranno a non far dimenticare e sperare che questi orrori non si ripetano più! E se dovessero ripetersi, non ci sarebbero giustificazioni per alcuno, tutti dovremmo sentirci responsabili, in quanto girare la faccia dall’altra parte è essere omertosi! Complici!
    Complimenti e grazie.

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