Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


mercoledì 17 settembre 2014

E.Montale - Conclusioni provvisorie




PICCOLO TESTAMENTO


Questo che a notte balugina 
nella calotta del mio pensiero, 
traccia madreperlacea di lumaca 
o smeriglio di vetro calpestato, 
non è lume di chiesa o d’officina                                 
che alimenti 
chierico rosso o nero. 
Solo quest’iride posso 
lasciarti a testimonianza 
d’una fede che fu combattuta,                                     
d’una speranza che bruciò più lenta 
di un duro ceppo nel focolare. 
Conservane la cipria nello specchietto 
quando spenta ogni lampada 
la sardana si farà infernale  
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora 
del Tamigi, del Hudson, della Senna 
scuotendo l’ali di bitume semi- 
mozze dalla fatica, a dirti: è l’ora. 
Non è un’eredità, un portafortuna
che può reggere all’urto dei monsoni 
sul fil di ragno della memoria, 
ma una storia non dura che nella cenere 
e persistenza è solo l’estinzione. 
Giusto era il segno: chi l’ha ravvisato
non può fallire nel ritrovarti. 
Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio 
non era fuga, l’umiltà non era 
vile, il tenue bagliore strofinato 
laggiù non era quello di un fiammifero.



IL SOGNO DEL PRIGIONIERO


Albe e notti qui variano per pochi segni.



Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolìo dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia è oro,
la lanterna vinosa è focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.



La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel pâté
destinato agl'Iddii pestilenziali.



Tardo di mente, piagato 
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dei torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto -



e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.



Da La Bufera e altro,1956.

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