W.H.AUDEN 1930, by SIR CECIL BEATON; dreamtheend.com |
IV. SCOLARI
Ecco tutte le reclusioni; le celle sono altrettanto reali,
ma questi non sono come i prigionieri che conosciamo,
oltraggiati o bramosi o astutamente rassegnati
o solo
incuranti di tutto.
Questi dissentono così poco, quasi s’accontentano
Dell’ottuso svago del cane, correre e leccare;
le sbarre dell’amore sono così forti, le loro congiure
deboli
come i voti degli ubriachi.
La loro stranezza è ben difficile da osservare:
i condannati vedono solo i falsi angeli d’una visione;
c’è poco sforzo dietro i loro sorrisi,
la
bestia della vocazione è impaurita.
R. Doisneau, Cour de récréation, by flickr.com |
Ma osservali, opposti alla nostra misura e puntuali
per una quasi neutra, un’appena impacciata perfezione;
il sesso è lì, la stringa rotta è rotta,
il
sogno del maestro non è vero.
La tirannia però è così facile. La parola impropria
scribacchiata su una fontana, è tutta lì la loro ribellione?
E la pioggia di lacrime versate in un angolo, sono questi
i semi
della vita nuova?
IV. SCHOOLCHILDREN
Here are all the captivities; the cells are as
real:
but these are unlike the prisoners we know
who are outraged or pining or wittily resigned
or just wish all away.
For they dissent so little, so nearly content
with the dumb play of dog, the licking and
rushing;
the bars of love are so strong, their
conspiracies
weak like the vows of
drunkards.
Indeed, their strangeness is difficult to
watch:
the condemned see only the fallacious angels of
a vision;
so little effort lies behind their smiling,
the beast of vocation
is afraid.
But watch them, O, set against our size and
timing
The almost neuter, their slightly awkward
perfection;
for the sex is there, the broken bootlace is
broken,
the professor’s dream
is not true.
Yet the tyranny is so easy. The improper word
scribbled upon a fountain, is that all the
rebellion?
A storm of tears shed in the corner, are these
the seeds of the new
life?
URL: http://www.swback.com/public/art/siblings._shadows.__40x30_oil_on_canvas_2008.JPG |
*
XXIV
Da dove arrivano? Quelli che
tanto ci spaventano
Quando sul nostro più caro luogo
cade il gelo
Dell’ala
storta e in pericolo mette
Il
tenero amico, l’acquedotto, il fiore.
Terribili Presenze che riflesse
gli stagni rimandano
Ai volti celebri e, quando il
biondo fanciullo
Affonda
vorace i denti nel lucido
Frutto,
emergono nella loro atroce furia.
E capiamo che sordi sono i
boschi, che il cielo
Di nessuno si cura, che siamo
svegli e questi,
come
contadini, hanno intenzioni e sapere,
ma
rivolgono a noi il nostro odio.
Noi siamo le brulle pasture dove
recano
Il loro risentimento di reietti;
su noi sfogano
La
loro disperazione; il nostro pianto indossano
Come
la trista insegna del loro esilio.
Oh, qui li abbiamo evocati come
una mappa bugiarda;
desiderosi d’una vita
infinitamente gioiosa,
li
abbiamo adescati con un miraggio di frutteti
pingui
nel clima pigro del rifugio.
Il nostro denaro cantava a fiotti
sulle vette supreme
Del nostro pensiero che li
chiamava a sé come ragazze;
la
nostra cultura come un Occidente di meraviglie
accendeva
una promessa solenne sui loro visi.
Ci aspettavamo i belli o i saggi,
pronti a vedere un fascino nelle
nostre infantili bugie,
lieti
di non trovare altro che pietre e
capaci
a un tempo di creare un giardino.
Ma quelli che vengono non sono
neppure bambini con
Gli occhioni indiscriminati che
avevamo perduto,
mentre
occupano i nostri angusti spazi
con
il vivace abbandono dell’anarchia.
Arrivano, già esperti, avendo
imparato
Il controllo alla mensa della
rabbia paterna;
nel deformante
specchio di una madre
scoprirono il
Significato della Conoscenza.
Da tempo questi pionieri si nono adattati
Alla notte e all’incubo notturno; vengono già sapendo
Replicare
al terrore col terrore,
con
menzogne smascherano il minimo inganno.
Per una futura vita di coppia, nondimeno,
è pronto il letto; benché tutto il nostro biancore svanisca
dallo
sposo ruvido e malcerto
che noi
concepiamo nell’istante del brivido.
Ché lo sterile vuol dare frutti, sebbene sia punizione
La Primavera; e lo storto che teme d’esser dritto
Non può
mutare il suo voto ma richiama
Su dal
buio un orribile maestro.
Oh, la tigre rigata e forte muoversi sa
Con stile per il distretto della strage; la scimmia
Davvero
è di casa nella parrocchia
Della smorfia
e della leccata; ma noi non siamo
stati degni discepoli. Le nostre lacrime sgorgan da un amore
che non abbiamo mai superato; le nostre città predicono
più di
quanto speriamo; perfino ai nostri eserciti
tocca
esprimere il nostro bisogno di perdono.
XXIV
Where do they come from? Those whom we so much
dread,
as on our dearest location falls the chill
of their crooked wing
and endangers
the melting friend,
the aqueduct, the flower.
Terrible Presences that the ponds reflect
back at the famous, and when the blond boy
bites eagerly into the
shining
apple, emerge in their
shocking fury,
And we realize the woods are deaf and the sky
nurses no one, and we are awake and these,
like farmers, have
purpose and knowledge,
but towards us their
hate is directed.
We are the barren pastures to which they bring
the resentment of outcasts; on us they work
out their despair;
they wear our weeping
as the disgraceful
badge of their exile.
We have conjured them here like a lying map;
desiring the extravagant joy of life,
we lured with a mirage
of orchards,
fat in the lazy
climate of refuge.
Our money sang like streams on the aloof peaks
of our thinking that beckoned them on like
girls;
our culture like a
West of wonder
shone a solemn promise
in their faces.
We expected the beautiful or the wise,
ready to see a charm in our childish fibs,
pleased to find
nothing but stones, and
able at once to create
a garden.
But those who come are not even children with
the big indiscriminate eyes we had lost,
occupying our narrow
spaces
with their anarchist
vivid abandon.
They arrive, already adroit, having learned
restraint at the table of a father’s rage;
in a mother’s
distorting mirror
they discovered the
Meaning of Knowing.
For a future of marriage nevertheless
the bed is prepared; though all our whiteness
shrinks
from the hairy and
clumsy bridegroom,
we conceive in the
shuddering instant.
For the barren must wish to bear though the
Spring
punish; and the crooked that dreads to be
straight
cannot alter its
prayer but summons
out of the dark a
horrible rector.
The tawny and vigorous tiger can move
with style through the borough of murder; the
ape
is really at home in
the parish
of grimacing and
licking: but we have
failed as their pupils. Our tears well from a
love
we have never outgrown; our cities predict
more than we hope;
even our armies
have to express our
need of forgiveness.
*** *** *** *** *** *** *** *** ***
*
VI. EPITAFFIO PER UN TIRANNO
Il suo fine era in qualche modo la perfezione,
e facile da intendere era la sua poesia;
conosceva ogni virgola dell’umana follia
e aveva per eserciti e flotte una passione;
se rideva, stimabili senatori ridevano,
e se piangeva, in strada i bambini morivano.
VI. EPITAPH ON A
TYRANT
Perfection, of a kind, was what he was after,
And the poetry he invented was easy to
understand;
He knew human folly like the back of his hand,
And was greatly interested in armies and
fleets;
When he laughed, respectable senators burst
with laughter,
And when he cried the little children died in
the streets.
*
Auden smoking a cigarette, by reidsreader.blogspot.com |
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Tutti i testi qui presentati e le traduzioni sono tratti da:
W.H.Auden, Un altro tempo (orig.: Another Time)
Biblioteca Adelphi 345, Edizione con testo a fronte a cura di Nicola
Gardini
Adelphi edizioni, 2013
About W.H. Auden see also :
Nessun commento:
Posta un commento