Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


lunedì 9 marzo 2015

Virgola, a capo. - A.

http://www.france-pittoresque.com/IMG/jpg/Ponctuation-3.jpg


L'importanza delle virgole.
Le virgole.
Leggi un testo senza virgole, o con troppe virgole, o con virgole che separano il soggetto dal predicato verbale, o con virgole sputacchiate qua e là: leggilo, un testo così. 
Se ti riesce.





Le virgole non sono automazioni del pensiero: ne sono la conseguenza logica, la pausa necessaria a far sì che il respiro sia armonico, che il concetto scorra dalla mente alle dita o dal testo agli occhi senza soluzione di continuità, gradualmente. 
Chiaramente. 

La lingua è la Musica che ci accoglie nel ventre e ci guida fino all'ultima schiusa d'occhi.
Sentine il respiro, assecondato dai ritmi dell'alba: che spiega il mattino: che innesta pomeriggi - in scivolo su sere preparate alla notte - dirimpetto all'alba: che spiega il mattino. 

Il mio punto fermo nell'universo è la mia lingua in continuo mutamento.


http://www.spaziosacro.it/imma/suoni.jpg

Ne faccio uso costante. Ne faccio abuso. Non ne faccio nulla, spesso - o apparentemente: ché già il mio solo pensare, stando zitta ammutolita dai vortici o dalle ombre, dalla crasi che spesso è il mio vivere; stando zitta (dicevo) uso tuttavia la mia lingua.

I miei ragazzini, a scuola, scoperchiano costellazioni, inclusi nel giorno che spesso li sorprende - come un inciso, un anacoluto, un'aferesi. 
La punteggiatura li ferisce, come ogni cosa viva. 
Allora ci si gioca: con la punteggiatura, con le ferite, con l'universo che li sorprende.
Mentre la mamma stira la nonna legge sul divano: scegli dove mettere una virgola, e disegna cosa può accadere. Ridono tutte le volte, sconvolti e piegati dalle ombre che la lingua riflette sul muro, il loro, quello che avevano creduto immutabile e bianco.


Una volta ho ricevuto una lettera da una persona che mai aveva scritto in vita propria. 
L'aveva scritta di getto, con una matita. Non c'era una virgola fuori posto. Non una. 
Rimasi colpita. Non l'avevo mai vista leggere un libro, mai interessarsi di questioni ''letterarie '' o scolastiche. 

Ce l'avevo avuta accanto senza che una virgola mettesse in dubbio le nostre rispettive convinzioni con incisi cuciti al centro dei giorni e dei malesseri - quelli, gravi punitivi sarcastici e definitivi come una terna di ??? in una '' catch - 22 situation ''.

Realizzai, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che c'era molto di più, a retro e non a margine, di quel nostro vivere tra parentesi e con troppe sospensioni. 
Lo compresi attraverso quella ordinatissima lettera scomposta e spezzata, con le virgole e i punti in catena logica - il Respiro finale di quel che c'era stato, o che non c'era stato.

Il mio specchio solleva scommesse all'infanzia e alla mia donnità giunta come un punto fermo, mentre  - ignara e colpevole - credevo si trattasse di un altro punto e virgola.

Mia madre mi carezzava il viso, tra i vari trapassi.

Non conosco appieno la mia storia, crasi - dicevo prima - tra una Me e una Me: non conosco nemmeno la mia lingua, che come un cane ricerco e annuso e lecco, cui sottosto come a una regola semioscura della quale (ciononostante) si ha chiarissimo il senso finale. 

Porto via con me ogni mio nonsenso, ogni inquietudine, ogni volto che si nega o ho rinnegato. 
Bisogna rimuovere larghe croste sane, mentre si studia come vivere da mattino a mattino, sprovvisti e con piaghe. 
Soli. 
Misteriosamente allegri e pronti. 


P.Rubens, I due satiri


Tempo fa scrissi la poesia che chiude questo passaggio (è possibile leggerla anche qui:  https://larosainpiu.wordpress.com/2015/02/25/poesia-alba-gnazi-inediti/ )


A volte ho il tempo di farmi dono di un fiore, seduta al sole su un gradino, per un istante apodittica luminosa e definita: anch'io: un istante solo.





In effetti, pronta

Non userei
sospensioni a caso, non nei
giudizi o
in programmate anarchie;
ponderare l’ombra è d’uopo,
visto il sole fatto di mezzogiorni spesso
chiusi per ferie, nel mio cortile
vista occhi.

Intenti a mezz’asta per
sonnecchiare inverno,
razzolar di titoli e bonus di
metafora; la parola ne esce
ammaccata: scrollato il cuore
cosa le rimane?

Una torta mezzo bruciacchiata, eppure,
in effetti, pronta.

Ho chiamato un rondone per
Fare a metà, si è a metà voltato :
Non ne voleva, era chiaro, ma
L’importante è l’invito.

Non userei giudizi a caso,
non nelle anarchie
e neppure
per programmati giudizi.


Alba Gnazi



Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari

Archivio blog