Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


giovedì 25 settembre 2014

Ricordo, da OMBRE IN CORNICE - Collana '' I Quaderni di Érato ''



RICORDO


S’impone e sbeffeggia, alludendo
alle labbra bianche di solitudine e alle
sillabe mandate a morire
dentro un programma senz’audio.

S’impone e corteggia le viscere, annuendo
tra i ferri caldi che sgominano e cuciono
- al dietro, al sopra, al sotto, al niente -
laconiche nudità d’ombra,
promesse, dita, silenzio e silenzio ancora,
dove un giorno si diede inizio all’oblio.

S’impone, come un malessere d’aria,
un ronzio tra palpebre e lombi, la
cinestesia dell’assenza:
e spolverar non si può, ché
altri ospiti irrompono e
qualcuno ne ha rotto la cornice.

Alba Gnazi

****************************************************************************

Dalla prefazione di Narda Fattori 

(...) È poesia allusiva quella che, rimandando a precedenti, risveglia nel lettore
emozioni complesse, legate a «una memoria dotta». Il poeta viene ad aver bisogno
della collaborazione complice del lettore che condivide e comprende l’allusione. E
tutto questo proietta il poeta nella dimensione della storia e della tradizione: il peso si
sposta sulla cultura che il poeta è capace di interpretare ed esprimere e sul suo ruolo
sociale. Svolgendo una funzione che oltrepassa la semplice comunicazione, la poesia
ha bisogno di un linguaggio che estrania da quell’uso ordinario, che anzi ne sottolinei
la lontananza: ne deriva che la parola diventa «nobile» e «augusta»; ed emerge la 4
caratteristica così saliente nel testo poetico per cui la lingua del poeta deve «mostrare
se stessa», piuttosto che gli oggetti denotati. E questa identificazione a sua volta
produce l’innovatività linguistica tipica della poesia, il suo essere coinvolta in un modo
indistricabile con la storia della lingua . Il poeta è il «garante della storia».
(...)



E' possibile leggere questo testo e tutti gli altri proposti in questo numero all'indirizzo:

https://lapresenzadierato.files.wordpress.com/2014/09/ebook3_ombre_in_cornice.pdf

(scaricabile gratuitamente)


Si ringraziano gli Autori dell'ebook, nonché tutti i lettori. 



[Img: Cornice nera, www.marcellieditore.com]









martedì 23 settembre 2014

Fall - A.




Chi ci salverà dal vento

Di agosto, Madre, dalle

Lanterne spente come le

Lacrime di arricchite farfalle, su

L’erba che prodiga verde, ovunque,

ovunque verde, ma

-          Non per noi?


Noi qui, uguali vicine

Sull’alito scalzo dell’autunno,

accosciate, noi, a cercar pace

tra un compleanno e un compleanno, offrendoci

l’abbraccio che nutre il vuoto

assestato tra le foglie

scosse, sulla

terra smossa illusa

dal favore di un’altra stagione

che dai tini, nei tini s’infervora, ma noi

Madre,

noi

ci siamo sempre guardate negli occhi.

A.

Img: Showcase, by Martine Franck

mercoledì 17 settembre 2014

E.Montale - Conclusioni provvisorie




PICCOLO TESTAMENTO


Questo che a notte balugina 
nella calotta del mio pensiero, 
traccia madreperlacea di lumaca 
o smeriglio di vetro calpestato, 
non è lume di chiesa o d’officina                                 
che alimenti 
chierico rosso o nero. 
Solo quest’iride posso 
lasciarti a testimonianza 
d’una fede che fu combattuta,                                     
d’una speranza che bruciò più lenta 
di un duro ceppo nel focolare. 
Conservane la cipria nello specchietto 
quando spenta ogni lampada 
la sardana si farà infernale  
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora 
del Tamigi, del Hudson, della Senna 
scuotendo l’ali di bitume semi- 
mozze dalla fatica, a dirti: è l’ora. 
Non è un’eredità, un portafortuna
che può reggere all’urto dei monsoni 
sul fil di ragno della memoria, 
ma una storia non dura che nella cenere 
e persistenza è solo l’estinzione. 
Giusto era il segno: chi l’ha ravvisato
non può fallire nel ritrovarti. 
Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio 
non era fuga, l’umiltà non era 
vile, il tenue bagliore strofinato 
laggiù non era quello di un fiammifero.



IL SOGNO DEL PRIGIONIERO


Albe e notti qui variano per pochi segni.



Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dallo spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolìo dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia è oro,
la lanterna vinosa è focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.



La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
può salvarsi da questo sterminio d'oche;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, afferra il mestolo
anzi che terminare nel pâté
destinato agl'Iddii pestilenziali.



Tardo di mente, piagato 
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
sciorinate all'aurora dei torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto -



e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.



Da La Bufera e altro,1956.

giovedì 11 settembre 2014

W.H. Auden - Three Poems

W.H.AUDEN 1930, by SIR CECIL BEATON; dreamtheend.com






IV. SCOLARI

Ecco tutte le reclusioni; le celle sono altrettanto reali,
ma questi non sono come i prigionieri che conosciamo,
oltraggiati o bramosi o astutamente rassegnati
                o solo incuranti di tutto.

Questi dissentono così poco, quasi s’accontentano
Dell’ottuso svago del cane, correre e leccare;
le sbarre dell’amore sono così forti, le loro congiure
                deboli come i voti degli ubriachi.

La loro stranezza è ben difficile da osservare:
i condannati vedono solo i falsi angeli d’una visione;
c’è poco sforzo dietro i loro sorrisi,
                la bestia della vocazione è impaurita.
R. Doisneau, Cour de récréation, by flickr.com

Ma osservali, opposti alla nostra misura e puntuali
per una quasi neutra, un’appena impacciata perfezione;
il sesso è lì, la stringa rotta è rotta,
                il sogno del maestro non è vero.

La tirannia però è così facile. La parola impropria
scribacchiata su una fontana, è tutta lì la loro ribellione?
E la pioggia di lacrime versate in un angolo, sono questi
                i semi della vita nuova?


IV. SCHOOLCHILDREN

Here are all the captivities; the cells are as real:
but these are unlike the prisoners we know
who are outraged or pining or wittily resigned
or just wish all away.

For they dissent so little, so nearly content
with the dumb play of dog, the licking and rushing;
the bars of love are so strong, their conspiracies
weak like the vows of drunkards.

Indeed, their strangeness is difficult to watch:
the condemned see only the fallacious angels of a vision;
so little effort lies behind their smiling,
the beast of vocation is afraid.

But watch them, O, set against our size and timing
The almost neuter, their slightly awkward perfection;
for the sex is there, the broken bootlace is broken,
the professor’s dream is not true.

Yet the tyranny is so easy. The improper word
scribbled upon a fountain, is that all the rebellion?
A storm of tears shed in the corner, are these
the seeds of the new life?           

URL: http://www.swback.com/public/art/siblings._shadows.__40x30_oil_on_canvas_2008.JPG

 *

XXIV

Da dove arrivano? Quelli che tanto ci spaventano
Quando sul nostro più caro luogo cade il gelo
                Dell’ala storta e in pericolo mette
                Il tenero amico, l’acquedotto, il fiore.

Terribili Presenze che riflesse gli stagni rimandano
Ai volti celebri e, quando il biondo fanciullo
                Affonda vorace i denti nel lucido
                Frutto, emergono nella loro atroce furia.

E capiamo che sordi sono i boschi, che il cielo
Di nessuno si cura, che siamo svegli e questi,
                come contadini, hanno intenzioni e sapere,
                ma rivolgono a noi il nostro odio.

Noi siamo le brulle pasture dove recano
Il loro risentimento di reietti; su noi sfogano
                La loro disperazione; il nostro pianto indossano
                Come la trista insegna del loro esilio.

Oh, qui li abbiamo evocati come una mappa bugiarda;
desiderosi d’una vita infinitamente gioiosa,
                li abbiamo adescati con un miraggio di frutteti
                pingui nel clima pigro del rifugio.

Il nostro denaro cantava a fiotti sulle vette supreme
Del nostro pensiero che li chiamava a sé come ragazze;
                la nostra cultura come un Occidente di meraviglie
                accendeva una promessa solenne sui loro visi.

Ci aspettavamo i belli o i saggi,
pronti a vedere un fascino nelle nostre infantili bugie,
                lieti di non trovare altro che pietre e
                capaci a un tempo di creare un giardino.

Ma quelli che vengono non sono neppure bambini con
Gli occhioni indiscriminati che avevamo perduto,
                mentre occupano i nostri angusti spazi
                con il vivace abbandono dell’anarchia.

Arrivano, già esperti, avendo imparato
Il controllo alla mensa della rabbia paterna;
nel deformante specchio di una madre
scoprirono il Significato della Conoscenza.

Da tempo questi pionieri si nono adattati
Alla notte e all’incubo notturno; vengono già sapendo
                Replicare al terrore col terrore,
                con menzogne smascherano il minimo inganno.

Per una futura vita di coppia, nondimeno,
è pronto il letto; benché tutto il nostro biancore svanisca
                dallo sposo ruvido e malcerto
                che noi concepiamo nell’istante del brivido.

Ché lo sterile vuol dare frutti, sebbene sia punizione
La Primavera; e lo storto che teme d’esser dritto
                Non può mutare il suo voto ma richiama
                Su dal buio un orribile maestro.

Oh, la tigre rigata e forte muoversi sa
Con stile per il distretto della strage; la scimmia
                Davvero è di casa nella parrocchia
                Della smorfia e della leccata; ma noi non siamo

stati degni discepoli. Le nostre lacrime sgorgan da un amore
che non abbiamo mai superato; le nostre città predicono
                più di quanto speriamo; perfino ai nostri eserciti
                tocca esprimere il nostro bisogno di perdono.
 
URL: http://aaron9902.files.wordpress.com/2011/04/shadow.jpg

XXIV

Where do they come from? Those whom we so much dread,
as on our dearest location falls the chill
of their crooked wing and endangers
the melting friend, the aqueduct, the flower.

Terrible Presences that the ponds reflect
back at the famous, and when the blond boy
bites eagerly into the shining
apple, emerge in their shocking fury,

And we realize the woods are deaf and the sky
nurses no one, and we are awake and these,
like farmers, have purpose and knowledge,
but towards us their hate is directed.

We are the barren pastures to which they bring
the resentment of outcasts; on us they work
out their despair; they wear our weeping
as the disgraceful badge of their exile.

We have conjured them here like a lying map;
desiring the extravagant joy of life,
we lured with a mirage of orchards,
fat in the lazy climate of refuge.

Our money sang like streams on the aloof peaks
of our thinking that beckoned them on like girls;
our culture like a West of wonder
shone a solemn promise in their faces.

We expected the beautiful or the wise,
ready to see a charm in our childish fibs,
pleased to find nothing but stones, and
able at once to create a garden.

But those who come are not even children with
the big indiscriminate eyes we had lost,
occupying our narrow spaces
with their anarchist vivid abandon.

They arrive, already adroit, having learned
restraint at the table of a father’s rage;
in a mother’s distorting mirror
they discovered the Meaning of Knowing.

For a future of marriage nevertheless
the bed is prepared; though all our whiteness shrinks
from the hairy and clumsy bridegroom,
we conceive in the shuddering instant.

For the barren must wish to bear though the Spring
punish; and the crooked that dreads to be straight
cannot alter its prayer but summons
out of the dark a horrible rector.
 
URL: http://www.antiwarsongs.org/img/upl/civil-2.jpg
The tawny and vigorous tiger can move
with style through the borough of murder; the ape
is really at home in the parish
of grimacing and licking: but we have

failed as their pupils. Our tears well from a love
we have never outgrown; our cities predict
more than we hope; even our armies
have to express our need of forgiveness.

***   ***   ***   ***   ***   ***   ***   ***   ***

 *
VI. EPITAFFIO PER UN TIRANNO

Il suo fine era in qualche modo la perfezione,
e facile da intendere era la sua poesia;
conosceva ogni virgola dell’umana follia
e aveva per eserciti e flotte una passione;
se rideva, stimabili senatori ridevano,
e se piangeva, in strada i bambini morivano.


VI. EPITAPH ON A TYRANT

Perfection, of a kind, was what he was after,
And the poetry he invented was easy to understand;
He knew human folly like the back of his hand,
And was greatly interested in armies and fleets;
When he laughed, respectable senators burst with laughter,
And when he cried the little children died in the streets.

*

Auden smoking a cigarette, by reidsreader.blogspot.com
 ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Tutti i testi qui presentati e le traduzioni sono tratti da:
W.H.Auden, Un altro tempo (orig.: Another Time)
Biblioteca Adelphi 345, Edizione con testo a fronte a cura di Nicola Gardini
Adelphi edizioni, 2013

About W.H. Auden see also : 

Post più popolari

Archivio blog