Levatevi, figli miei, levatevi,
a quest’ora (di buon’ora)
quieta di ninnoli e vibrisse dormienti
ora di corpi - i nostri - stropicciati da gelosie e
fraintendimenti
ch’asciutti si compongono
in perse fragilità.
Levatevi, levatevi, lattei miei figli,
membra d’un percorso
profilato da albe ineguali; percorso, questo mio,
che mi sceglie col vostro odore, che mi esuma
da riarsi giacigli – sbaccello i miei sogni per amarvi al
meglio,
miei figli,
e d’asfissie e promesse mai lette
sotterro gl’inganni.
Levatevi, alzatevi, miei figli
VoiTutto,VoiAstri,
che satellitar solo posso
in orbite che rondano lontane da me – eppure
la Musica che uno ci rende mai più viscosa fu:
e v’amo e mi consolo
assolata dai vostri occhi
che mi nascono ogni mattino – e madre sono, e viscere
e camelie e idoli coltivo
nel vostro levarvi, miei figli,
e nel mio nascondermi dietro a notti che ci sanno.
Alba, 4 maggio 2013
Img : Oswaldo Guayasamín, Ternura, 1989 ( By Pinterest)
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