Tu
cerchi nei tuoi fogli
E
certo nei tuoi libri
Di
incontrare qualcuno
Che
non c’è
Di
formare una mappa
Intrecciare
un aquilone
Ridipingere
steccati
Aspettando
quello che
Senza
freni né fanfare
Né
colletto inamidato
Con
la Musica sulle mani
E
una sigaretta nel taschino
Un
fiore di campo colga
Solo
per te.
Ma
vedi non c’è spazio
Tra
certe righe bianche
E
non c’è più riporto se
Le
sottrazioni sono state tante
C’è
un’aria fredda e grigia
come
quel tetto beige
che
un tempo era marrone e
faceva bella mostra di sé.
Coprirai
le gambe con un telo
Il
ginocchio da un buco sghembo
Spierà
I
bordi rotti del cielo nero, cercando:
ma
a te
quel
che serve
è
tutto qua.
I
ricordi sono dita nel burro
Fitti
e penduli come
Margherite
di campo :
resti
ore a contemplarli,
ridi
piano, scuoti il capo
il
tuo mento si
inumidisce
alle estremità.
Letto
bianco, saturo di
Odori
che non s’erano annunciati
Onde
dritte di libri, preziose
Bambole
di porcellana,
Fiori
di serra
E
in alto
Monocromatici
laghetti, stagionate stampe di Monet,
sdentate
istantanee di
nipoti
che
non
vedi mai.
C’è
stato un uomo
Che
pesava sul letto al tuo fianco
Occupava
la sedia di lato
Leggeva
un solo giornale
Non
sapeva farti restare né partire
E
poi un giorno è morto
Tu
rivuoi quel silenzio
E
quelle luci piatte
E quell’odore di cipolle e limone.
Nessuno
è più diverso
E
più uguale di me
al
niente.
Non
il lattaio,
che
è stantio e vuoto e estinto, coi suoi orci
chiassosi
di etere e spuma.
Non
il vinaio, che il
Rubro
pollice preme sul
Rubinetto
d’oro – Malvasia e Loto, e
Fragore
e Senso
Nel
calice vinto da labbra bugiarde.
Non
il fornaio, né il brigadiere, né il vecchio aio.
Su
questa mulattiera
sbavata
di peli e tempo
Non
leggo libri
Non
conosco pregi
Non
distinguo lumi
Non
aspetto altro
Che
gli alberi sussultino di verde
Prima
che le bisce escano dai nidi.
Guardo in alto; vedo sogni volare, tra tanti infranti, e nuove speranze.
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