Who I am

Alba Gnazi

Le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho memoria.
Ancorata alla Musica, trattengo chimere sotto le unghie e mi ricompongo nella luccicanza di gioie minute, a metà tra il surreale e la strada.
E di vagare non smetto.


mercoledì 24 dicembre 2014

Che il natale - A.



Che si festeggi il natale, è un fatto assodato.
Odore di legna e di nebbia.
I risvegli sembrano sempre quelli.
Che si festeggi il natale va pure bene.
Che se ne ricordi la forma intatta di quando l'albero era un portale, il camino una galleria, il rosso una promessa, la mamma misteriosa e un incanto la tele accesa: va bene. Va bene.
La notte di lontani ventiquattro dicembre : una costola d'ansia e magia stretta sotto alle palpebre, col cuore tra orecchio e cuscino: per ascoltare.
Che il natale sia anche il ricordo è normale.
Dei figli che frugavano tra i pacchetti; di quella volta che l'albero cadde, di quella volta che pioveva così forte, di quella volta che all'ultimo qualcuno disdisse, di quella volta (sempre, credimi: sempre) che i grandi sono più capricciosi dei piccoli; di quella volta che babbo natale s'era ricordato di regalare solo una nostalgia bruciante tra i fianchi e sulla nuca; di tutti quegli anni e anni e anni che la musica è stata la salvezza da una voglia di scappare così devastante - e come nessuno se ne fosse mai accorto resta un arcano.
Che il natale sia un giorno qualsiasi, è ovvio.
Dismessi i campanelli da battaglia, coi figli che non guardano più sotto l'albero ormai da un pezzo, coi figli che guardano altrove - è così che va; il natale è il compleanno di qualcuno che non esiste, di babbo natale o di un piccolo dio tra tanti piccoli dei; non mi sorprende il bisogno di credere, quel che mi sorprende è la credulità.
Che il natale faccia girare l'economia, è un fatto certo.
Apparecchio la tavola per tanti quanti siamo.
Il bello del natale è che non aspetto niente, tranne di vedere volti e odorare profumi di pelli e abiti che riconosco, che mi assicurano come certe cose restino ferme.
Che il natale sia immobile, è dimostrato.
Che se ne parli troppo, è scontato.
Che sia cruccio e spesa, è voluto.
Potrebbe chiamarsi natale, hanukkah, fine del ramadan, imbolc. Cosa conta.
Cosa conta.
Forse questa festa, come ogni festa, serve a rimettere a posto e vicine cose e persone.
Forse non serve proprio a niente: ché in effetti non si deve aspettare il natale ( o qualsiasi altra festa) per dire a qualcuno che è importante, per stare intorno a un tavolo e guardarsi negli occhi, condividere un pasto, raccontarsi un po'. Va da sé. Va da sé?
Che il natale sia inutile, è fuori moda chiederlo.
Che il natale sia al di là di ogni moda, è risaputo.
Che del natale si amino il clima e il calore, è comune e noto.
Che io provi una indifferenza definitiva e asintomatica a tutto ciò che è natale, è quasi inconfessabile.
Che poi, ogni volta che uno dei miei bimbi a scuola, prima delle vacanze, mi regala un biglietto trafitto di cuori e affetto io abbia voglia di piangere, è quasi noioso e sembra artefatto. 
Ho conservato centinaia di cuori trafitti e faccine tese al mio abbraccio.
Non foss'altro che per questo, il natale a qualcosa serve.
L'ascia che rompe il mare ghiacciato, per dirla con Kafka, non è sempre e solo un libro.
Che il natale sia un'ascia o un mare ghiacciato, è a seconda e su misura. 
Posso pensarci ancora un po' su?
Devo pensarci ancora un po' su.

Alba Gnazi
24.12.14



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